Invettiva contro l'Italia

Pubblicato il 11 mag 2025

In Italia ci sono molte cose che funzionano più di quanto pensiamo. Potrei fare numerosi esempi virtuosi, e lo farò nel corso di questa invettiva.

Tuttavia, vedo in noi ragazzi una disillusione profonda. Qualche anno fa c’era almeno un senso di protesta, un senso di appartenenza a un sistema. Parliamoci chiaro: non era certo il modo più efficiente per cambiare le cose, e probabilmente non lo sarà mai. Ma almeno c’era un sentimento, una forza che attraversava ogni ragazzo dell’epoca.

Ora gli adulti sono delusi da ciò che è stato, e noi giovani lo siamo persino di più.

Nessuno vuole davvero cambiare le cose. “Eh, ormai è così”, “bisogna adattarsi”… e tutte quelle frasi del cazzo che usiamo per autoassolverci.

Siamo intrisi di un pessimismo cronico verso l’istituzione. Forse, allora, qualcosa non va?

Io odio i discorsi da bar: “Eh, ma questa è l’Italia”, “è tutto un magna magna”, “i politici sono tutti ladri”. La domanda che mi pongo sempre è: cosa faresti, invece di lamentarti inutilmente?

Le opzioni sono due:

  1. Smetti di lamentarti e te ne vai. Non è da vigliacchi, è da persone oneste intellettualmente.
  2. Provi a contribuire con le tue competenze e tenti, in modo analitico, di cambiare ciò che ti circonda, dal piccolo al grande.

L’obiezione più comune a questa asserzione è che non tutti possiamo cambiare le cose. È vero. Però, già studiarsi per bene chi votare — e non scegliere in base al fatto che sia una sedicente donna bionda o un appassionato di edilizia (riferimenti puramente casuali) — sarebbe una rivoluzione.

L’unica cosa che possiamo fare dal basso è protestare non per risolvere il problema, ma per far luce su di esso. È ben diverso, con le proteste non si cambiano davvero le cose.

Per chi non vuole fare nemmeno questo: andate via. Fuori c’è un mondo che funziona meglio del nostro. C’è più innovazione, la burocrazia è più snella, i salari sono più competitivi. E non avrete più modo di lamentarvi, giusto? O forse anche lì qualcosa non andrà bene…

Perché è facile lamentarsi seduti su una sedia al bar, o davanti al telegiornale, invece di assumersi la responsabilità individuale delle proprie scelte quotidiane.

Non amando le chiacchiere da bar, mi sono interrogato. Ho cercato risposte da chi è più saggio di me, da chi ha più competenze, su come questo Paese potrebbe davvero cambiare.

L’assioma che racchiude molti dei problemi dell’Italia, forse il principale, è questo:

La mancanza di attrattività: di investimenti, di talenti, di forza lavoro dall’estero.

Secondo voi, un paese che non attrae nulla di tutto ciò, può dirsi un paese che funziona?

Dati: Secondo la World Bank, aprire una sede di una multinazionale in Italia può costare dal 2 al 4% annuo in più rispetto a qualsiasi altro paese europeo, soltanto per sostenere una burocrazia che non incentiva.

Come possiamo attrarre capitali se sembriamo un paese del terzo mondo?

Il capitale estero porta nuovi posti di lavoro, crescita, innovazione e molto altro.

La globalizzazione ha sempre vinto. (Se vuoi approfondire: https://tinyurl.com/34jyuxjm)

Per essere più attrattivi, bisogna snellire la burocrazia (non eliminarla!), incentivare investimenti esteri con deduzioni fiscali, e rendere la Pubblica Amministrazione efficiente.

Vi lascio un link a questa intervista di Forchielli e Michele Boldrin, dove dibattono sul tema: https://youtu.be/XhcotOAtGss?si=4sINfe7zA6l_3fzd

Nel mio piccolo, credo che il più grande problema della Pubblica Amministrazione oggi sia la sua scarsa competitività. Quello che dico sempre quando se ne parla è:

Quanti ragazzi laureati e ambiziosi vogliono lavorare all’INPS?

Zero.

Quindi c’è un problema. E non piccolo.

La risposta che mi do — e anche il motivo per cui non lavorerei da neolaureato nelle PA — è la mancanza di una retribuzione adeguata, l’assenza di coinvolgimento (premi al risultato), e soprattutto di senso: non dici “Che figo, lavoro all’INPS! Contribuisco a rendere il sistema pensionistico il più efficiente che esista”. No.

Probabilmente ti ritrovi con colleghi seduti ad aspettare che arrivi l’ora di timbrare.

Lo dico con fermezza, perché in Italia esiste un esempio virtuoso che opera in senso opposto: CDP (Cassa Depositi e Prestiti). Hanno reso il posto di lavoro attrattivo, coinvolgente, hanno premiato le competenze, e puff: i talenti sono arrivati.

E ci sono anche altre realtà che stanno cambiando davvero le cose. Ma questa mentalità dovrebbe pervadere tutte le istituzioni.

Un altro punto chiave sul perché non siamo attrattivi all’estero lo esprime bene Giovanni Tamburi, fondatore di T.I.P., fondo italiano di private equity:

Il prodotto italiano è il migliore al mondo quando arriva al cancello della fabbrica, poi si perde per strada. Ci manca davvero la capacità di fare sistema. Tutte queste aziende sono spezzettate, piccole, scollegate, e nessuna riesce a scalare davvero. Questo le rende poco attrattive per gli investitori esteri. In America, o anche solo in Francia o Germania, esistono colossi con strutture chiare, comunicazione potente, reti di distribuzione consolidate. Noi, invece, sembriamo un arcipelago di eccellenze non coordinate.

Ha scritto un libro illuminante: “Fare Sistema in Italia”, dove spiega in modo analitico perché siamo un mercato sottocapitalizzato e poco attrattivo.

Persone come lui cambiano davvero le cose. E la sua realtà è un’eccellenza europea.

Dunque: PA che funzionano male, aziende frammentate, capitale che non arriva. Questo si traduce in scarsa crescita, poca innovazione, e salari bassi.

Ovviamente ci sono molti altri problemi, ma questi sono quelli che mi sentivo di condividere oggi.

L’Italia cambierebbe se mettessimo al centro la competenza.

E a questo punto serpeggia dentro di voi, se siete arrivati fino a qui (complimenti!), l’obiezione più grande:

Ma che ti frega di questa roba?

Ognuno ha la sua strada, però io vorrei lasciare un mondo migliore a chi verrà dopo. O perlomeno, provarci.

Mi dirai: ma com’è possibile cambiare un sistema così complesso?

Io credo nel viaggiare. Marchionne diceva:

Aveva ragione Cesare Pavese quando disse che viaggiare è una brutalità. Obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort familiare della casa e degli amici. Ci si sente costantemente fuori equilibrio. Nulla è nostro tranne le cose essenziali: l’aria, il sonno, i sogni, il mare e il cielo. Tutte le cose tendono verso l’eterno o ciò che possiamo immaginare di esso. Ma è proprio per questo che viaggiare, cambiare ambiente e conoscere altre culture è uno straordinario modo per crescere e per farlo in fretta. Il contatto con un mondo sconosciuto è qualcosa che ti cambia nel profondo, perché ti costringe a contare solo sulle tue forze e a superare i tuoi limiti.

Credo che viaggiare ti permetta di capire cosa c’è fuori: il buono, il cattivo, le opportunità, le debolezze. Ti cambia prospettiva.

Io non voglio scappare dall’Italia. Voglio andarmene per trovare soluzioni nuove, per conoscere prospettive diverse. E poi tornare, e dare il mio contributo.

In America lo chiamano “give back”. Credo che tutti noi, nel piccolo o nel grande, abbiamo il dovere di restituire qualcosa a un Paese che ci ha accolto, cresciuto, istruito, nel bene e nel male.

Forse non riuscirò in nulla. Forse resterò qui, o forse marcirò in un paese straniero dove avrò trovato rifugio. Ma di una cosa sono certo: la mia esistenza tenderà a lasciare qualcosa. Che sia un pensiero come quello di oggi, qualcosa di concreto, o anche solo del sano nulla.

Quello che cerco di fare ogni giorno è imparare dalle persone, raccogliere pensieri, idee, riflessioni. Come io cerco di lasciare un briciolo della mia essenza agli altri. Ed è questo processo continuo che mi tiene vivo.

Io credo in un’Italia migliore. Credo nel futuro. Credo nel progresso. Credo in noi giovani. Possiamo davvero fare cambiamenti sistemici.

Però!

Bisogna ricordare che i cambiamenti sono lenti, complessi. E per questo servono pazienza e competenza. Non esiste una formula magica. E se oggi pensavi che fossi qui per dartela… mi dispiace. Non la pubblicherei su questo blog ;)

Questa invettiva è dedicata ai folli. A chi ha la fiamma negli occhi. A chi vuole davvero cambiare le cose. A chi vuole sporcarsi le mani:

“Perché solo coloro che sono abbastanza da folli da pensare di poter cambiare il mondo, lo cambiano davvero”

S.J.

Grazie dell’attenzione e alla prossima!
A.L.

Prossimo post:

  • Deep Dive su Sergio Marchionne (ho rotto il cazzo lo so!)

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